Dopo soltanto pochi giorni dalla protesta effettuata da alcuni detenuti, ospiti della Casa Circondariale di Campobasso, tornano le riflessioni, certamente non più a caldo ma più meditate, da parte di due soggetti che hanno pieno titolo ad esprimere le loro opinioni, l’Associazione Antigone, che si occupa nel paese e dunque nel Molise delle condizioni dei detenuti e il Sindacato Polizia Penitenziaria, che invece si occupa della tutela sindacale dei dipendenti, nello specifico degli Agenti.
Per Antigone Molise interviene Gian Mario Fazzini, che comunica subito la decisione di una ulteriore visita nel Carcere di Campobasso, nell’ambito del progetto per l’Osservatorio che da oltre vent’anni svolge per monitorare il livello di attenzione sui diritti dei detenuti.
Riporta, comunque, la situazione all’interno della struttura, quella che chiama “una galera edificata nel 1830, a pianta pentagonale,che rende inaccettabili le condizioni di vita sia per chi ci vive che per chi ci lavora, indicando proprio nel Corpo di Polizia Penitenziaria il primo bisogno di tutela ed attenzione, indirizzando la piena solidarietà agli uomini attraverso il plauso al Comandante Ettore Tomassi “per la professionalità dimostrata dagli Agenti e per la loro umanità”, qualità etiche descritte anche e soprattutto dalla maggior parte delle persone detenute.
Sottolinea però lo stato di precarietà, con 170 detenuti inseriti in una struttura che ne può ospitare 106, dove il 60% è trattato con psicofarmaci e dove tanto è fatiscente, con le attività sociali e culturali ai minimi termini.
La conclusione è lapidaria: il Carcere di Campobasso va chiuso!
Per il Sindacato Polizia penitenziaria torna ad intervenire il suo Segretario Generale, Aldo Di Giacomo, che annuncia anch’egli una visita per giovedì 30 maggio.
Afferma, che dopo gli eventi di protesta, “nessuno dei vertici dell’amministrazione Penitenziaria si è preoccupato di verificare in quali condizioni versa il reparto interessato dai disordini”.
“E’ bene sapere” – continua – “che i facinorosi hanno dato fuoco a materassi e suppellettili e che i roghi sono stati appiccati non all’interno delle camere detentive, le celle, ma nel corridoio della Sezione. Nel corso dei disordini hanno distrutto l’ufficio in uso alla Polizia Penitenziaria e con esso anche i sistemi di video sorveglianza e il bagno in uso al personale di Polizia”.
Una questione che per il Segretario Di Giacomo è grave, soprattutto perché, a suo dire, “l’Amministrazione tratta i suoi dipendenti come le vittime sacrificali di un sistema ormai allo sbando”.
Anch’egli è comunque lapidario, quanto afferma che “il Reparto deve essere chiuso e il personale non può essere impiegato in servizio ed obbligato a svolgere la propria opera in un ambiente malsano e privo di sicurezza”.