Questa vicenda ha inizio nel 2014, il 18 aprile per essere precisi, quando, in pieno governo Frattura, il Consiglio regionale approva la Legge Finanziaria, che, all’articolo 9, si dispone una riduzione, per otto mesi, degli assegni vitalizi e di reversibilità, nella misura del 10% per l’importo lordo fino a tremila euro e del 20% delle somme eccedenti.
Otto mesi soltanto e per quote economiche sicuramente non esose.
A questo punto accade che in 54, tra ex consiglieri regionali ed alcuni eredi di figure istituzionali decidono di rivolgersi alla magistratura per tutelare i loro interessi, producendo tutta una serie di distinguo con le decisioni assunte nella Finanziaria del 2014, chiedendo naturalmente la restituzione di quello che a loro parere era stato maltolto.
Così, dopo aver stabilito la volontà di ricorrere contro il provvedimento, i 54 si rivolgono ai loro legali, producendo il vero e proprio ricorso.
Arriviamo ai giorni nostri, quando il Giudice monocratico del Lavoro presso il Tribunale di Campobasso affronta la vicenda e produce il suo giudizio: il ricorso è per lui infondato, perché non ricorrono quei presupposti, utili a sollevare una questione di illegittimità costituzionale, cosa che al contrario era stata richiesta dai ricorrenti.
Il Giudice, che ha prodotto una sentenza molto circostanziata e piena di spunti giuridici sicuramente riflessivi, si è basato anche su una recente sentenza della Corte Costituzionale, che si era occupata di un caso analogo che ha coinvolto l’Istituzione regionale del Trentino Alto Agige.
Il risultato è che i 54 ex consiglieri ed eredi sono stati condannati al pagamento delle spese legali, che ammontano a tremila euro più alcuni vari oneri, soldi da divedere tra tutti i ricorrenti.