Della serie “quello che non ti aspetti” da una città difficile e complessa come può essere Campobasso, colma com’è di quella sorta di considerazioni che sembrano fatte più di ritardi culturali che di posizioni d’avanguardia collettiva.
Invece questa volta dalla provincialissima Campobasso ti arriva quello che, appunto, non ti aspetti: il pieno e significativo successo per una manifestazione, che ha voluto comunque riportare al centro delle nostre riflessioni i diritti, quelli ignorati, quelli cancellati, quelli totalmente imprigionati da mille ignoranze e mille moti di intolleranza.
I cittadini hanno risposto in positivo a questo “Molise Pride”, sia quelli che hanno sentito la necessità e perfino la felicità di sfilare, sia quelli che si sono posizionati ai bordi delle strade per applaudire, in qualche modo, i manifestanti.
E’ stata una festa, dove ognuno ha portato se stesso, dove ognuno ha espresso a modo sua l’adesione, tutti tra i colori che sbolognano il grigiore del consueto, che muovono una sorta di gioia a vivere tutti la stessa stagione di lotta, per respingere di fatto ogni tentativo a reprimere le individuali espressioni di vita, le libertà e il rispetto complessivo dei diritti.
Campobasso ha mostrato di saper accogliere, respingendo di fatto tutte quelle sterili polemiche, tutte quelle sciocche interpretazioni di un atto di libertà, tutti quei concetti che vogliono incolpare gli altri per il degrado che spesso si trovano a vivere in se stessi, autoassolvendosi da ogni colpa, predicando un ritorno alle forti repressioni del passato, di cui la Storia terribilmente ne è piena, con i propri periodi di terrore, con le subdole ed orride esaltazioni di razza, di credo e di cultura.
Campobasso stavolta ha affermato con forza cose nuove, ora sta a tutti noi saperle cogliere e saperle praticare.