La legge regionale n. 9 del 4 Maggio 2015 ha introdotto il sistema previdenziale contributivo, in sostituzione del vitalizio, per i consiglieri regionali in carica a partire dalla XI legislatura e per le successive.
Al compimento dei 65 anni i consiglieri che abbiano svolto la funzione elettiva nel corso di un mandato hanno il diritto a maturare la pensione. Questo in estrema sintesi recita la legge approvata dallo scorso consiglio regionale. Ma le anomalie alle quali il governo Frattura spesso e volentieri ha abituato i molisani, come nel caso dei premi di fine mandato per gli ex inquilini di Palazzo D’Aimmo, non mancano. Infatti al comma 12 viene specificato che “per ogni anno di mandato oltre il quinto, l’età richiesta per il conseguimento del diritto al trattamento è diminuita di 1 anno, con il limite all’età di 60 anni”.
In sostanza la soglia per beneficiare del trattamento pensionistico si abbassa fino al compimento del 60esimo anno di età se un consigliere regionale è stato in carica per 10 anni, ovvero per due mandati. Un pugno in faccia a tanti molisani che per sperare di andare in pensione con poche centinaia di euro sono costretti a lavorare fino a 67 anni e della stragrande maggioranza di giovani che, vivendo di precarietà e di incertezza occupazionale, una pensione purtroppo non la vedranno mai.
La legge, in perfetto stile burocratese fatto apposta per renderne indecifrabile il contenuto, stabilisce inoltre che la quota di contributo a carico del consigliere regionale è pari all’8,80 per cento della base imponibile mentre la quota a carico del Consiglio regionale è pari a 2,75 volte la quota a carico del consigliere regionale. Vale a dire che mentre un consigliere versa circa 7 mila euro per riscattare 13 mesi di mandato, la Regione ne versa oltre 20 mila euro, ovvero quasi il triplo; ciò a discapito delle martoriate casse del bilancio regionale.
Gli ultimi in ordine di tempo ad aver presentato la richiesta di versamento per il riscatto delle annualità da integrare per accedere al beneficio pensionistico sono stati Paolo Di Laura Frattura, Giuseppe Sabusco e Cristiano Di Pietro, gli stessi che hanno già beneficiato del premio di fine mandato o assegno di reinserimento: 36 mila euro ciascuno per Frattura e Sabusco e 30 mila euro per Di Pietro.
Numeri a parte resta la contraddizione di una classe politica che continua imperterrita a mantenere intatti odiosi privilegi mentre di contro si chiede ai cittadini di fare continui sacrifici. L’auspicio ancora una volta è rivolto alla nuova maggioranza, affinchè in tema di riduzione dei costi della politica dia finalmente un segnale chiaro ai molisani.
Davide Vitiello