Sono mesi che si parla di sicurezza nei luoghi di lavoro, di norme e regole da rispettare, di messa a punto di strumenti protettivi, tutto legato al contrasto al contagio, tutto giusto e necessario, per poi ritrovare l’ennesima morte in fabbrica, l’ennesimo dolore per un altro fatale incidente sul lavoro.
L’ultima vittima è un giovanissimo, un lavoratore interinale, dunque precario, di 22 anni, Domenico D’Amico, uno dei tanti che ha sacrificato la propria vita per un impegno non stabile, sognando la possibilità di un futuro almeno adeguato.
Una morte che ha colpito un lavoratore non ancora stabilizzato, che, nella Serioplast di Pozzilli, viveva una condizione di precarietà, come i numerosi suoi colleghi che sono usati, spesso e volentieri, in balia di una mancanza di diritti e nell’ambito esclusivamente dei loro doveri nei confronti di chi offre lavoro.
Una precarietà che richiede applicazione e sacrifici, come quelli di un giovane che il sabato sera è in fabbrica, impegnato in un lavoro, cercando di far sempre bene o almeno il meglio per trovare una stabilità e cercare , così, di programmare la vita futura.
Una vita spezzata in un attimo, da cause in via di accertamento, ma che, comunque, non possono prescindere dalla immensa difficoltà di percorrere un progetto che implica un lavoro concreto e nel pieno riscontro dei doveri, ma anche e soprattutto nei diritti, che sono quelli rispettosi della dignità di ogni persona.