Continua senza sosta la lunga scia di sangue delle vittime. La mattanza continua senza tregua, con la popolazione femminile ridotta a carne da macello, spaventata e incapace di difendersi dal nemico che attacca a testa bassa e sa di essere più forte perché stiamo parlando del marito, del fidanzato, o compagno, che quindi spesso vive dentro la casa della vittima e fa leva su lacrime e sentimenti chiedendo perdono anche in ginocchio, ma nascondendo un’arma dietro la schiena. Queste le dolorose parole che introducono il comunicato stampa della Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso Giuditta Lembo – Otre il 50% delle donne italiane che vengono uccise muore per mano di chi le doveva amare. Si tratta di una percentuale addirittura superiore a quella indicata dall’Organizzazione mondiale della sanità e per i femminicidi nel resto del mondo siamo oltre il 38%. Nel nostro Paese si dà ancora la possibilità al carnefice di poter usufruire dello sconto di pena attraverso ad esempio il rito abbreviato, il patteggiamento, e si motiva vergognosamente l’uxoricidio con il raptus di gelosia!
I cortei di protesta e i gesti simbolici di indignazione non bastano, per fermare il femminicidio serve una grande rivoluzione culturale. Nessuna misura penale, processuale o economica contro la violenza domestica può dirsi efficace se non sostenuta poi da un impegno altrettanto incisivo sul piano educativo e formativo. Per vincere un nemico che spesso è al nostro fianco occorre combattere una battaglia che nessun altro combatterà per noi, perchè violenze e crimini sono all’ordine del giorno e molte donne che vengono uccise avevano talvolta denunciato invano i maltrattamenti subiti. C’è un problema in quelle denunce così come nel tragico epilogo di tante vicende, a riprova che tanto è stato fatto ma molto di più ancora occorre fare per tutelare le donne da chi dice di amarle e invece si rivela un brutale assassino. Le donne da parte loro prendano consapevolezza di se stesse e della loro condizione. Ogni donna uccisa poteva essere una nostra figlia, mamma, sorella, parente, amica. E la battaglia deve partire anche dalle Istituzioni per arrivare ai cittadini, per questo – conclude Giuditta Lembo – intendo lanciare un sms all’Assise regionale, ai Comuni per intervenire, ogni qualvolta ci siano gli estremi, attraverso la costituzione di parte civile a fianco delle vittime e con un sostegno concreto e immediato ai figli molto spesso anch’essi vittime della cd. violenza assistita. E’ inaccettabile leggere sentenze come quella della Corte di Appello di Ancona, poi ribaltata dalla Cassazione, che assolvono gli stupratori perché la vittima aveva l’aspetto troppo mascolino! Ora basta, non è normale che tutto questo sia normale.