Sono passati ben 19 anni dalla tragedia di San Giuliano di Puglia, quando in seguito alle scosse di terremoto, alle 11,32 del 31 ottobre 2002 crollò la scuola, uccidendo 27 alunni e la loro maestra.
Da quel momento la vita delle persone del piccolo comune molisano è cambiata, perché un evento così tragico porta comunque profondi cambiamenti in una comunità che di fatto perde improvvisamente una intera generazione.
Un dolore fortissimo che vive nei cuori di tutti i parenti delle vittime, i quali in ogni istante successivo hanno dovuto fare i conti che questa presenza, quella di chi non c’è più stato se non nel pensiero e nei discorsi di circostanza nelle celebrazioni.
Un dolore che ha coinvolto la maggioranza degli abitanti dei 14 comuni del cosiddetto cratere sismico, che ancora mostrano i segni di quell’evento ed ancora devono patire per le scelte fatte in funzione di una ricostruzione, spesso neanche rispondente alle esigenze di tutti e che ha perfino creato mostri edilizi inutili ed inservibili, come la grande piscina a San Giuliano, che non è possibile gestire per mancanza di concrete risorse economiche.
Percorsi fatti da scelte che sembrano ambigue, che non hanno migliorato la sicurezza complessiva, mantenendola, per molti versi, simile alle condizioni di prima del sisma.
Eppure sono arrivati davvero tanti soldi, risorse che potevano e dovevano essere utilizzate per ricostruire adeguatamente e nei migliori dei modi, ma anche favorendo una ripresa produttiva che non c’è stata, perché niente è cresciuto, né i consumi e neanche i posti di lavoro.
Seicento milioni di euro, che dal governo sono stati consegnati al Molise, che ne ha disposto a piacimento, intraprendendo strade e destinazioni che oggi dovrebbero urlare di gravi responsabilità e che invece, al contrario, aprono soltanto ad un percorso di autoassoluzione, magari spendendo una piccola lacrima come il più classico atteggiamento da coccodrillo.