Nonostante le promesse della campagna elettorale sui tagli delle accise e sul mantenimento dei livelli economici in fatto di canoni e costi per concessioni ed altro, il Governo Meloni, sta decisamente deviando altrove, di fatto operando nella dismissione delle aspettative create nelle fasi della ricerca del voto.
Ne sanno qualcosa i titolari degli stabilimenti balneari e delle concessioni statali, che, tra la fine e l’inizio dell’anno, si sono trovati di fronte ad un aumento del 25,15% del canone demaniale.
Lo aveva annunciato il senatore Maurizio Gasparri, quando, in attesa delle possibili novità sul decreto milleproroghe, il Ministero delle Infrastrutture aveva comunicato la variazione dell’indice Istat per l’anno 2023.
Una mazzata per il settore, che d fatto si scaricherà sulle già poche economie delle famiglie, perché su di loro graveranno gli aumenti, come quelli relativi al costo dei carburanti, che dal primo gennaio si trovano senza proroga degli sconti.
Immediata la presa di posizione della Associazioni di categoria, con la Sib-Confcommercio e la Fiba-Confesercenti che scrivono come “si tratta di un aumento sbagliato, in quanto non parametrato alla effettiva redditività dell’area oggetto di concessione e disincentivante rispetto agli investimenti per il potenziamento dei servizi balneari”.
Per loro c’è chi paga tanto e chi relativamente poco, un disequilibrio assai grave, a cui si aggiunge la differenza dell’Iva, che per le imprese balneari è del 22%, mentre per tutte le aziende turistiche è del 10%.