Dopo aver denunciato più volte, pubblicamente, la situazione complessiva nelle carceri molisane, torna sull’argomento il Segretario Generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo.
Questa volta lo fa a commento delle numerose considerazioni, raccolte nell’annuale Rapporto dell’Associazione Antigone, che, tra le tante disfunzioni, considera come non sia, nei tre Istituti di Pena di Campobasso, Larino ed Isernia, il tasso di affollamento di detenuti il problema centrale dell’emergenza, ma piuttosto chi comanda nelle celle, il potere che si è costituito negli anni all’interno dell’universo dei detenuti.
Di Giacomo afferma, a supporto di quanto si legge nel Rapporto, che “nelle carceri italiane i nigeriani, affiliati alle quattro cosche africane – conosciute anche come Cult-Eiye, Black Axe, Viking e Mefite – hanno sopraffatto le organizzazioni mafiose e criminali italiane nel controllo dei detenuti”.
Il Segretario del Sindacato riferisce alcuni dati assai significativi: al 30 aprile negli Istituti di Pena italiani sono detenuti 1607 nigeriani, di cui 982 sono imputati e 625 condannati.
Rappresentano quasi l’8 % della popolazione carceraria straniera, un dato in incremento di anno in anno.
“Da mesi” – afferma Di Giacomo – “abbiamo sollecitato il Ministero di Grazia e giustizia e l’Amministrazione Penitenziaria a non sottovalutare la crescente pericolosità della mafia nigeriana non solo nelle carceri, ma anche nei Centri di Accoglienza per richiedenti asilo, dove avvengono le affiliazioni e il reclutamento.
Gli Istituti di pena molisani non sono immuni e presentano le stesse caratteristiche che si rilevano altrove.
E’ un fenomeno dunque in crescita, totalmente critico perché della pericolosità delle quattro cosche africane non sussistono dubbi, con i suoi capi che comandano un esercito di affiliati, gente che si dedica da tempo alo sfruttamento della prostituzione e al traffico della droga e che oggi ha aggiunto al catalogo dei reati anche quelli della tratta degli esseri umani e la riduzione in schiavitù.
Bisogna, a questo punto, davvero far qualcosa, ché le brutture sono troppe e non più sopportabili, soprattutto quelle che si perfezionano nelle carceri italiane e dunque anche molisane, dove in molte celle si costruiscono gerarchie del terrore e ci si prepara, indubbiamente, a moltiplicare il crimine, anche e soprattutto attraverso progetti di imperio, che servono a contaminare i territori, mettendo in atto le peggiori attività.