Le imprese che operano nel campo energetico nei primi cinque mesi di quest’anno hanno, rispetto allo stesso periodo del 2021, aumentato a dismisura i loro ricavi, registrando fatturati del più 60 per cento.
Parliamo di quelle attività industriali estrattive di materie prime energetiche, come il petrolio, il gas naturale e tanto altro, ma anche dell’industria della raffinazione.
Lo afferma con dati e analisi precise l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre.
Un incremento totale che è legato all’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche.
Lo si evince dai dati di questi ultimi anni.
Prendendo a riferimento il periodo che va da gennaio a maggio, possiamo verificare come la crescita di fatturato delle imprese del settore energetico è stata del più o,5 % nel 2019, rispetto al 2018; successivamente, in piena pandemia, i ricavi del 2020 sono crollati del 34,6%, mentre nel 2021 la variazione è stata del 19,6%.
Nel 2022 lo abbiamo già detto, la crescita del ricavo è stata del 60%.
Per gli analisti della CGIA bisogna che le imprese paghiino il dovuto, perché risulta che al Fisco esse hanno dato davvero quasi nulla.
Una situazione che non deve essere vista come la scelta di un accanimento fiscale contro le grandi imprese dell’energia, che non sarebbe giusto perché non sempre l’aumento di fatturato implica un incremento dell’utile, però è giusto che scatti un senso di solidarietà e giustizia sociale e dunque dovrebbero versare almeno quanto imposto dallo Stato ed aiutare così economicamente le famiglie e quelle imprese oggi in forte difficoltà.