Nella consueta pillola settimanale, Il coordinatore del Centro Studi della CGIA di Mestre, Paolo Zabeo, si occupa di inflazione e racconta di come in Italia si prevede un assestamento a più 1,6%, contro il più 5,9% dello scorso anno e un più 8,7% del 2022.
Il dato ci porrebbe al concetto di avere una inflazione nel 2024 che risulterebbe tra le più basse dell’Unione Europea.
Infatti soltanto la Finlandia dovrebbe avere un dato inferiore al nostro, che sarebbe un più 1,4%.
Eppure nell’ultimo anno avevamo avuto molte città e territori tra i più colpiti dal caro vita, luoghi tutti di grande vocazione turistica, segno che gli incrementi maggiori sono stati assai riconducibili ai servizi ricettivi, della ristorazione e alla persona, incrementi economici che si vanno a sommare ai costi dei trasporti, degli affitti di case e negozi ed allo stesso carrello della spesa.
Il dato dell’inflazione perciò può e deve essere preso con una certa soddisfazione, potendo influire sulle attività di ripresa e perciò di un certo sviluppo.
L’inflazione è di fatto uno degli indicatori più importanti per comprendere lo stato di salute di una economia, anche perché un suo eccesso contribuirebbe ad erodere il potere di acquisto dei consumatori, in particolare di chi può contare su un reddito fisso, cioè la grande maggioranza degli italiani.
Naturalmente la situazione serve ad orientare le politiche monetarie delle banche centrali.
Così, a tal riguardo, si chiede che Francoforte riduca da subito il tasso di interesse, rimodulando in basso quello che oggi rappresenta il massimo storico, che è diventato di fatto un ostacolo al ricorso al credito da parte delle famiglie e in particolar modo delle imprese di piccola dimensione.