La scelta di quello che si mangia è una scelta assolutamente soggettiva e nessuno, in genere, sindacalizza sulle abitudini culinarie dei vari e ricchi territori italiani.
Ma ci sono momenti in cui una riflessione su alcune abitudini bisogna farla, soprattutto sui modi e le maniere con cui le alimentiamo.
Il concetto che vogliamo portare all’attenzione è quello che scaturisce da questo periodo, che appartiene alla settimana santa della religione cattolica, quando si segue il Sacrificio del Cristo, per giungere alla Pasqua, il giorno della sua Resurrezione, l’Apoteosi della Festività popolare.
La gente è abituata a consumare davvero una quantità impressionante di carne di agnello, una tradizione ma anche una scelta religiosa, proclamata nei secoli attraverso il sacrificio degli animali per una sorta di ringraziamento a Dio, una reminiscenza pagana, come tante pratiche che sono rimaste nell’ambito del Cattolicesimo.
Carne di agnello, che proviene come quella di tante specie animali, da moltissimi allevamenti intensivi, con le povere bestie costrette a pratiche innominabili, private di ogni attenzione, che vivono una vita di costrizione e di assoluto dolore.
Questo è un punto centrale, i diritti degli animali, che possano vivere e morire in una certa dignità.
Diritti che vengono difesi, in tutta Italia e nel Molise, da giovani che si impegnano quotidianamente e volontariamente per gli animali, curandoli, accogliendoli nei loro rifugi e seminari, provando ogni istante a rispettarli.
Diritti che difendono attraverso una Associazione no Profit, AnimaLiberAction, che in questi giorni ha provveduto a dare vita ad una specifica Campagna di Sensibilizzazione, attraverso alcuni grandi manifesti, affissi in ogni città italiana, dove, accomunati nello slogan “Sono tutti agnelli”, si chiede il rispetto di ognuna delle specie “trattate” per l’alimentazione umana.