Si sta discutendo molto in queste ore della prospettiva, qualcuno parla di necessità impellente, di installare nelle scuole veri e propri impianti di videosorveglianza, creando di fatto un clima da “grande fratello”, molto probabilmente invadendo e di molto il rispetto della persona, intaccando fortemente il suo diritto alla privacy.
Il punto è che i casi di violenza nelle scuole, ai danni quasi sempre dei piccoli delle materne e delle prime classi delle elementari, sono davvero una minuta percentuale di fronte alla totalità delle scuole in Italia, tra l’altro neanche messe tanto bene sul piano della sicurezza degli edifici, sulle attrezzature didattiche e dunque sul percorso adeguato della formazione.
I casi ci sono, inutile nasconderli, ma non sono assolutamente tanti da inficiare il senso di fiducia per i moltissimi docenti ed operatori scolastici che fanno il loro dovere.
Perciò ci si sta dividendo: da una parte coloro che immediatamente hanno preso la strada della richiesta di telecamere, che siano funzionali e soprattutto funzionanti, dall’altra chi non ritiene la telecamera in classe la soluzione del problema.
Due esempi per tutti, dopo i fatti di Venafro interviene la Garante regionale dei Diritti della Persona, Leontina Lanciano, che afferma di voler essere presente in tutte le sedi per sostenere l’impiego della videosorveglianza, “farò sentire la mia presenza nei luoghi istituzionali e ovunque ce ne sia bisogno, perché si arrivi quanto prima a predisporre le iniziative più incisive a tutela di chi, per motivi diversi, vive situazioni di disagio. Prima di tutto la videosorveglianza”.
D’altro canto la Federazione Lavoratori della Conoscenza ritiene che di fronte a questi episodi occorre non transigere, però neanche aprire immediati processi e gogne mediatiche, ponendo così la massima fiducia nella Magistratura, che “è l’unica in grado di acclarare il contesto e le singole responsabilità di questa triste vicenda”.
Il concetto di fondo è dal sindacato sottolineato in questa affermazione “Non vorremmo che l’episodio possa servire a gettare discredito ed avanzare sospetti su una intera categoria di lavoratori, quelli della scuola dell’Infanzia, che con impegno, dedizione e spirito di sacrificio, spesso in condizioni difficili, svolgono la loro attività all’interno delle Istituzioni scolastiche”.