Buona la prima per il Carnevale Europeo delle Maschere Zoomorfe svoltosi a Isernia nel fine settimana.
Dopo vari convegni, presentazioni libri e seminari, si è giunti al Grande Corteo in Maschera, con oltre duecentocinquanta figuranti che hanno rappresentato i propri riti carnevaleschi. Partiti da Corso Garibaldi, i vari gruppi sono giunti in Piazza Andrea d’Isernia dove sono stati presentati agli spettatori.
Le maschere zoomorfe sono maschere dell’uomo-fauno, travestimenti legati principalmente al periodo di carnevale oppure ad esso rapportabili in chiave di passaggio stagionale. L’uomo, quindi, assimila l’aspetto e i valori dell’animale, indossando ciò che ne caratterizza le sembianze, come le pelli, le corna, la coda e altro ancora. Il genere umano si identifica così con il genere animale attraverso la sua personificazione.
Le figure che hanno preso parte alla prima edizione del Carnevale Europeo delle Maschere Zoomorfe sono:
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Zvončari (Croazia). In italiano vuol dire “Scampanatori”, indossano una pelle di pecora e hanno un grande campanaccio allacciato alla vita e pendente sulla zona bassa della schiena. Sul capo portano una maschera che raffigura una testa d’animale. La tradizione degli Zvončari è stata inserita nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco.
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Kurents (Slovenia). L’intero costume può pesare fino a 40 chili; è fatto di velli di pecora, campanacci e copricapo di pelliccia decorato con corna, piume e nastri colorati. Saltellando e facendo rumore, i Kurents scacciano l’inverno e annunciano la primavera. Anch’essi sono inclusi nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco.
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Momotxorros (Spagna). Indossano pelli di pecora sulle spalle; in testa portano carne bovina e alla cintola hanno legati dei campanacci. In mano impugnano un forcone di legno.
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Didi (Croazia). Rappresentano uomini-montoni molto chiassosi. Indossano vestiti multicolori e pieni di frange e hanno copricapi di pelle ovina lanosa, alti circa un metro e mezzo. Con i loro campanacci hanno il compito di stimolare il risveglio della natura dopo il riposo invernale.
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Landzettes (Valle d’Aosta). Tipiche maschere valdostane che tengono in mano un frustino fatto di crine di cavallo; in testa portano un copricapo floreale. I loro abiti sono di colore rosso e mostrano luccicanti paillettes e specchietti. Il volto è coperto da maschere di diverse sembianze.
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Arestes (Sardegna). Gli “agresti-selvatici” indossano una pelle di capra, pecora o mucca, sulla schiena portano appese ossa d’animale. In testa hanno un casco di sughero; hanno il viso e le braccia annerite da fuliggine e sono armati di bastoni e di forconi e con dei saltelli provocano rumori con gli ossi. In testa al corteo, uno o due Arestes tengono legato con una catena la vittima predestinata al sacrifico.
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Maschere Cornute (Basilicata). Riportano alla mente gli antichi Lupercali, feste di purificazione che si celebravano il 15 febbraio, caratterizzate da giovani e da sacerdoti che, coperti con pelli di animali sacrificati a divinità pagane, colpivano con le corregge ottenute dalle stelle pelli le donne che desideravano la fecondità.
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Il Diavolo (Tufara, Molise). È coperto di pelli di capra e indossa una maschera facciale nera, bianca e rossa, da cui pende una lunga lingua posticcia di color vermiglio. Il gruppo di maschere, di tanto in tanto, si avvicina minaccioso ai passanti e li blocca, lasciandoli andare solo quando hanno accettato di pagare una sorta di piccolo riscatto.
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Il Brutto, il Bello e Santa Monna (Macchiagodena, Molise). Tre quindi i protagonisti: il Brutto ha il volto tinto di nero; il Bello è una variante dei Pulcinella-primavera; Santa Monna è la personificazione della Quaresima interpretata da un uomo travestito da donna, con abito nero e cintura con sette patate, in ognuna delle quali è conficcata una piuma di gallina, a somiglianza delle pupattole quaresimali in uso nel folklore italiano.
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L’Orso (Jelsi, Molise). L’Orso e il Domatore sono i protagonisti principali. Durante la rappresentazione il primo viene incatenato e sollecitato a danzare.
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L’Uomo Cervo (Castelnuovo al Volturno, Molise). Nella rappresentazione l’Uomo Cervo scende dai monti e con il suo bramito irrompe nella piazzetta spaventando insieme alla Cerva le persone. Martino, dopo una breve lotta, riesce a legare le bestie e le ammansisce. Il Cacciatore con il suo fucile le uccide, si inginocchia dinanzi a loro e soffia nelle loro orecchie. I cervi magicamente tornano in vita; docili e purificati dal male.