Il compianto amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, aveva puntato molto sullo stabilimento di Termoli, decidendo di intervenire con un cospicuo finanziamento, individuando una nuova linea produttiva e permettendo numerose nuove assunzioni.
Ora c’è un segnale che preoccupa moltissimo i lavoratori e con loro le Organizzazioni Sindacali: torna, dopo tre anni, il ricorso alla Casa Integrazione, facendo restare a casa, per 10 giorni dal 29 ottobre al 7 novembre, ben 400 operai e 29 impiegati.
Di fatto finisce quel percorso di forte ottimismo che aveva caratterizzato le intere linee produttive, anche perché era stata evidente la crescita del mercato dell’auto, che aveva permesso all’azienda torinese di incassare una forte attenzione, registrando ottimi profitti dalle vendite e potendo, quindi, garantire buoni investimenti oltre che discreti dividendi per gli azionisti.
Adesso torniamo, con questo segnale, ad un momento di forte riflessione, che si ripercuote nello stabilimento termolese anche per via di alcune scelte, tipo la dismissione dal 2020 del diesel, che, attraverso la lavorazione e la produzione dei cambi, interessa una parte sostanziale dei lavoratori impegnati in Molise.
Il ricorso al fermo lavorativo per fronteggiare la contrazione produttiva è un ritorno forzato alle problematiche di alcuni anni addietro, quando il ricorso agli ammortizzatori sociali era diventata la norma e si aprivano e chiudevano di continuo gli scenari più difficili e complessi.
Oggi torniamo, di fatto, alle problematiche, con i sindacati che cercano di mantenere nel futuro almeno i livelli occupazionali, anche in riferimento al reparto che si occupa della lavorazione del motore a 16 valvole, fermo restando la preoccupazione per una produzione odierna sicuramente ridotta.